“Il Gatto e la Volpe” non è una storia sulla droga; volevo esplorare e capire il contesto che c’era dietro alla dipendenza.

Sono partito da sotto i portici di casa mia e, rincorrendo Fabrizio e Martino, sono arrivato alla stazione di Bergamo. Loro sono stati il mio Caronte permettendomi di essere “accettato” da un sacco di persone che arrivano in stazione da tutta Italia spesso per rimanerci mesi, anni … per sempre.

Era un limbo di anime perse: gironzolavano o giacevano a terra quasi morte. Una delle città più ricche d’Italia con una stazione che era il peggior posto che potessi immaginare.

La droga era dovunque, la trovavi sempre, costava poco, di tutti i tipi, persino ricette di Benzodiazepine che mischiate con l’eroina trasformava chi se la iniettava in Zombie.

Era questo che aveva reso quel luogo così allettante per tutti. Spesso arrivavano da soli ma in poco tempo trovavano un amico con cui “farsi.” C’era chi più timido aveva vergogna a chiedere soldi, ma era più scaltro a rubare e chi invece passava intere giornate a ripetere “ hai qualche spiccio” PUR DI RIUSCIRE A TROVARE LA SUA “ROBA.”

Le persone cambiavano in continuazione: chi veniva arrestato, chi andava in comunità o chi moriva all’improvviso. Questo continuo mutamento è stato per me molto difficile nel seguire il progetto soprattutto a livello umano. ERA Come se dovessi ricominciare da capo una nuova ricerca quasi ogni giorno per poi legare con qualcuno e di lì a poco vivere una nuova sofferenza ed arrivare sempre all’indomani con un’insolita mancanza, una voragine, un buco.